giovedì 27 marzo 2008

Collezionisti in Italia

La mia collezione di caschi da pompieri inizia durante la naja, svolta nel Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, 158° corso. In un polveroso magazzino abbandonato trovammo una serie di vecchi caschi Pirelli anni '50 dismessi (e malmessi!), con il fregio a croce delle Scuole Centrali avvitato con filetti in plastica su riscontro in feltro. Dopo qualche anno, durante un viaggio negli Stati Uniti, passando da New York il caso mi portò a transitare di fronte al Firefighter's Friends, un negozio che acquisiva stock dismessi dal FDNY, ed in quel momento troneggiava in vetrina un cumulo di Cairns N5A, il classico elmo in cuoio dei pompieri newyorkesi: in un attimo il meno danneggiato era in un sacchetto in viaggio verso Torino; era l'anno 1999, l'11 settembre 2001 era di là da venire...
Da lì in poi non mi sono più fermato, e col tempo ho intessuto una significativa rete di contatti in giro per il globo, che oltre a rappresentare un interessante scambio di elmi a volte si sono trasformati in amicizie, spesso non supportate dalla conoscenza diretta. E' bello scambiarsi le foto dei figli con un pompiere sudcoreano o francese, informazioni sulle reciproche città con un volontario tedesco, o consulenze professionali con un pompiere sudafricano, per me rappresenta un aspetto fondamentale della mia passione: si tratta in fondo delle stesse persone, che svolgono un lavoro duro e uguale in tutto il mondo, che li accomuna e, come dice il mio amico Alberto, "il bello del mestiere del pompiere è che non hai nemici in giro per il mondo, ma fratelli"; dovunque si vada c'è sempre una tazza di caffè e una visita alla caserma, con fitto scambio di domande ed informazioni, e a volte pure di caschi...

Collezionare caschi da pompiere è raccogliere i testimoni di questo lavoro: sono colorati, hanno grandi numeri, scritte, sigle, non hanno l'aspetto marziale e minaccioso degli elmi militari. Sono amichevoli, salvano vite e risolvono guai; hanno spesso visto la morte da vicino, e fiamme, fumo, disastri, crolli, incidenti. Sono a volte rotti, ammaccati, rigati; alcuni sanno di fumo, o sono deformati dal calore: trasmettono le energie che li hanno accompagnati, gli sforzi che hanno contribuito a fare, l'adrenalina che li ha intrisi, mentre la sirena suona sulla tua testa, il lampeggiante manda lampi blu e gli occhi cercano nella notte, da lontano, se "è quello buono"... Poi si vede il bagliore, mentre ti avvicini lo vedi lì davanti, il drago che devi andare a domare, spirito di energia pura che si è liberato dalle catene e dà sfogo a tutta la sua rabbia per essere stato imprigionato...

Se iniziare una collezione è l'intento di chi mi sta leggendo, sappia che, dopo un doveroso casco Mispa italiano, ormai fuori uso ed abbondantemente reperibile sul mercato, e tutte le varie declinazioni degli italiani storici, un pezzo che non può mancare è il Gallet F1 francese, nella versione cromata; poi con calma si può iniziare a cercare un americano, magari non subito in cuoio dato che ha prezzi inavvicinabili, ma un onesto Cairns in plastica è un ottimo inizio. Poi man mano che il virus della raccolta si fa strada si può iniziare a spaziare, con un occhio al budget ed uno al sentimento, unito ad un pizzico di estetica... Maggiori difficoltà si potranno trovare con il casco Sicor VFR 2000, quello in dotazione al Corpo Nazionale: è inibita la vendita a privati in quanto uniforme di un corpo di sicurezza, e in libera vendita si trova la versione "civile", senza fregio. In aiuto al neofita viene sicuramente il sito Ebay, dove a volte si trovano occasioni abbordabili e interessanti, specie se si ha la voglia di spaziare nei vari siti di oltreconfine. Con il tempo si potrà arrivare ai seicento caschi del guru italiano Claudio, o alla meravigliosa collezione del Museo di Gais, in Alto Adige, ospitata nell'Hotel Burgfrieden; io sono a più di ottanta e già non so più dove metterli...

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