lunedì 17 settembre 2012

Il casco nazionale jugoslavo di Belgrado






La Jugoslavia era uno stato del sud est europeo che fino al 1991 riuniva Serbia, Coazia, Slovenia, Macedonia, Bosnia ed Erzegovina sotto il nome di Repubblica Socialista Federale di Yugoslavia. A seguito dello smembramento del territorio ex-jugoslavo la Serbia è stata unita al Montenegro nell'Unione Statale di Serbia e Montenegro, ma in seguito al referendum del 21 maggio 2006 il Montenegro ha votato per l'indipendenza. A seguito del referendum, la Confederazione è stata sciolta e la Serbia (così come il Montenegro) è divenuta uno Stato sovrano. Dal 1999 la provincia autonoma del Kosovo ha dichiarato la sua indipendenza venendo riconosciuta da 89 Paesi dell'O.N.U., ente che la mise sotto lo status di Protettorato internazionale all'atto della sua scissione dalla madrepatria avvenuta non senza problemi. La Repubblica di Serbia è un paese membro delle Nazioni Unite, del Consiglio d'Europa е dell'Organizzazione della Cooperazione Economica del Mar Nero; i suoi cittadini dal 2009 possono viaggiare senza obbligo di visto nei Paesi dell'Unione europea, ed il 2 marzo 2012 è diventata ufficialmente candidata per l'adesione all'Unione Europea. Belgrado (in serbo Beograd) è la capitale della Repubblica di Serbia dopo essere stata dal 1918 capitale della Jugoslavia: si trova nella provincia della Serbia centrale, nel punto di confluenza tra i fiumi Sava e Danubio, dove il territorio della Penisola Balcanica incontra la Pannonia. Con una popolazione di più di 1.150.000 abitanti, quella di Belgrado è l'area metropolitana più popolosa dell'ex Jugoslavia nonché la quarta nell'Europa sudorientale dopo quelle di Istanbul, di Atene e di Bucarest.

Lo Stato jugoslavo nel periodo di Josip Broz Tito ha costituito il Vatrogasna Sluzba (Dipartimento di Estinzione Incendi); il cui motto è tuttora “Vatru gasi, brata spasi” cioè “Fuoco spento, fratello salvato”. Nel 2003 la situazione del personale operativo era di 3.000 uomini su base statale e 1.000 nella logistica e nella prevenzione incendi: ciò non toglie che a livello europeo sia quello che possiede il minor numero di pompieri rapportati all’unità di spazio, circa la metà di quanti ne occorrerebbero a pieno regime. Di questi 658 operano a Belgrado, che in rapporto ad una città di circa 2 milioni di abitanti risultano decisamente pochi, al punto che in alcune partenze anche di emergenza si trova un unico pompiere; nonostante l’assenza di uomini e mezzi riesce comunque a coprire il territorio di pertinenza lasciando passare tra i sette e gli otto minuti dall'allarme all'arrivo sul posto, anche grazie ai rinforzi che possono arrivare da Novi Sad, Vojvodina e altre città vicine, ciò è possibile anche in virtù del fatto che la Serbia ha conservato una organizzazione del Servizio antincendi a livello centralizzato statale. Il guadagno di un pompiere serbo si attesta attorno a 32.000 dinari, circa 300 euro. Tra i mezzi in dotazione si trova la scala da 54 metri, che però non è in grado di raggiungere la totalità dei piani dei palazzi più alti della città che ospita anche moderni grattacieli.

Il casco in collezione è il particolarissimo casco detto del tipo “viennese” appunto perché si trovava in utilizzo in Austria per equipaggiare i prodi pompieri del Paese mitteleuropeo; da qui la sua diffusione si estese alla Jugoslavia, che lo adottò massivamente complice la sua leggerezza, la sue doti di resistenza ed il basso costo produttivo. Prodotto in alluminio stampato con la notevole cresta protettiva a sei braccia che va a racchiudere la calotta dell’elmo, nella parte bassa possiede una falda leggermente più aggettante nella parte posteriore con lo scopo di proteggere il collo del pompiere da braci ed acqua. L’interno è in panno di lana cotta con cuffia interna in pelle come il sottogola, e sul frontale si trova il bel fregio dei pompieri jugoslavi che richiama al centro il medesimo casco su cui è giustapposto sormontato da una stella rossa. Risulta sicuramente essere uno dei caschi più particolari della collezione, che suscita domande e curiosità in chi si trova ad osservarlo per la prima volta; opinabile dal punto di vista estetico, e su questo sono d'accordo con l'amico Chris che, essendo di Trieste, si è trovato a vederlo indossato nel corso di interventi congiunti con i colleghi jugoslavi sul confine. In quegli anni dolorosi però, alle spalle dei pompieri impegnati nell'opera di spegnimento c'erano i mitra puntati della Militja da una parte e dei Carabinieri dall'altra e non mancavano gli arresti di colleghi che inseguendo le fiamme avevano sconfinato e venivano tratti in arresto e portati a Capodistria in camera di sicurezza. Ora il soccorso viene gestito congiuntamente e con grande spirito collaborativo, come dev'essere tra fratelli impegnati nella stessa, fumosa missione.

Nell’ultima foto si vede un soccorso persona in cantiere edile, prestato da due pompieri in divisa con i caschi descritti.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Bel colpo! Chris ;O)