giovedì 6 agosto 2009

Il casco saudita Bullard della Saudi Aramco





Il Regno Arabo Saudita è uno stato dell'Asia che confina con l'Iraq, la Giordania, il Kuwait, l'Oman, il Qatar, gli Emirati Arabi Uniti e lo Yemen. È bagnato dal Golfo Persico a nord-est e dal Mar Rosso ad ovest, la sua capitale è Riyadh; è abitato da poco più di 24 milioni di abitanti, concentrati per la massima parte nelle (poche) città e nelle oasi dell’interno, che spuntano all’improvviso nel deserto, che costituisce il 90% del suo territorio; il Regno è molto esteso, ha una superficie di 2.210.000 km2 (costituisce l’80% della penisola araba). Qui sono concentrate un quarto delle riserve mondiali di petrolio grezzo, improntando l’economia dello Stato principalmente ad attività connesse con l’estrazione e la lavorazione di questo combustibile fossile.

Nel 1933 una società americana, la California Arabian Standard Oil Company (Casoc), affiliata della attuale Chevron, acquisisce diritti di sfruttamento dei giacimenti petroliferi del Regno Saudita, allora ai primordi; successivamente, nel 1944, il nome cambia in Arabian American Oil Company (Aramco). Nel 1973 il Governo saudita detiene il 25% delle quote azionarie, che nel 1980 diventano il 100%, estromettendo di fatto le compagnie straniere dall’estrazione diretta del greggio, l’Oro nero; la denominazione definitiva diviene in seguito Saudi Aramco. Ad oggi è una delle maggiori compagnie petrolifere al mondo e forse quella che genera maggiori profitti, con attività che vanno dalla ricerca di nuovi giacimenti, l’estrazione, la raffinazione, la distribuzione ed il trasporto, ed il marketing. Per il 2008 le riserve della compagnia assommavano a 259,8 Bilioni di barili, il dato più alto di tutte le compagnie petrolifere al mondo. Una delle maggiori preoccupazioni della compagnia è provvedere ad una efficace e tempestiva protezione dagli incendi, sia che essi si verifichino nell’industria pesante, o nei servizi connessi. Le attività che questi pompieri devono difendere dal fuoco sono delle più variegate; vanno dall’attività di ricerca ed esplorazione, agli impianti di lavorazione di greggio e gas, alle piattaforme petrolifere marine, agli oleo e gasdotti, ai depositi di greggio, le navi petroliere, oltre alla struttura logistica, che è imponente: oltre a laboratori ed uffici, nelle vicinanze dei nodi di estrazione e lavorazione si sviluppano infatti vere e proprie città con abitazioni per i lavoratori e le loro famiglie, scuole, ospedali, cinema ed aeroporti. Anche qui sono operative caserme di pompieri, che come la altre delle zone produttive vengono mantenute addestrate ed aggiornate in 14 centri di addestramento sparsi in tutto il Regno saudita, di questi il principale è a Dhahran (ritratta nell'ultima foto) dove si svolgono corsi di antincendio di base, avanzati, NBCR, corsi per ufficiali, corsi di antincendio aeronavale.

Il casco in collezione è un Hard Boiled della ditta Bullard di San Francisco, negli Stati Uniti. La Bullard nel 1915 produce il primo “Hard Hat”, o casco antinfortunistico, per i minatori a cui dal 1898 forniva lampade al carburo ed equipaggiamenti da miniera; nel 1930 esce il primo “Hard Boiled Fire Helmet”, così denominato in ossequio alla tradizione che faceva produrre i primi elmetti da minatore usando tela e resine conformandole con l’uso del vapore bollente. L’esemplare è nel colore bianco, con la visiera “Plectron”, due grandi lettere “EC” campeggiano sui lati, il numero 16 sull’ampia ala paracollo posteriore, mentre sulla fronte troviamo l’adesivo catarifrangente della Compagnia, “Saudi Aramco (in lettere occidentali ed arabe) Fire Dept.”, testimonianza della lunga carriera del casco, che prodotto nei primi anni ’70 porta sul frontale la denominazione assunta dalla Saudi Aramco alla metà degli anni ’80.

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