Sulle navi in navigazione il fuoco era al tempo stesso necessario, da tenere sempre acceso per le esigenze della vita di bordo, ma era anche il nemico più temuto dai marinai, in grado di compromettere con la sua azione incontrollata le strutture della nave fino a distruggerla; il passaggio dalla marina
velica a quella meccanica con il conseguente passaggio dalla costruzione in
legno a quella in acciaio, ha modificato ma non annullato un rischio che ancora
oggi provoca la perdita di un gran numero di navigli. Di conseguenza contro il
rischio di incendio a bordo è necessario prendere provvedimenti in grado se non di
eliminarlo, cosa impossibile, almeno di limitarne le conseguenze: il primo e
più importante provvedimento è quello di imbarcare un equipaggio addestrato; in
seconda battuta devono essere messe in atto sicurezze attive, quali gli
impianti antincendio e tutto ciò che permette al personale addetto di
intervenire efficacemente, e passive, quali ad esempio le compartimentazioni
tagliafuoco, in grado di ridurre al minimo il rischio di innesco e di limitare
comunque l'estensione del fuoco. Molto importante per queste ultime diviene
l’opera di prevenzione e sorveglianza continue a bordo. Lo spegnimento viene
effettuato prelevando direttamente l’acqua del mare con apposite pompe
collegate ad un anello di tubazioni, dette “tubolature” che percorre tutta la
nave e da cui si diramano le "stazioni antincendio" corredate di
sbocchi, manichette, un dispositivo chiamato "boccalino" che
null’altro è se non la lancia frazionatrice a triplice azione; l’alimentazione
è garantita da apposite pompe elettriche o a motore. In caso di combustione di
idrocarburi verrà addizionato liquido schiumogeno e se l’incendio coinvolge
impianti elettrici esiste a bordo dotazione di estinguenti ad anidride
carbonica che, non conducendo elettricità, non espongono il pompiere al rischio
di folgorazione come succederebbe con l’uso di acqua. Nei locali alloggi sono
diffusamente impiegati sistemi automatici ad acqua dotati di un dispositivo
chiamato "sprinkler" a pioggia, in cui una fialetta fondente apre
l’erogazione d’acqua dall'ugello posto a soffitto. In posizione appropriata sono
inoltre sistemati alcuni armadi detti “di sicurezza”, nei quali sono conservati
materiali ed attrezzature necessari per un più efficace lavoro delle squadre di
soccorso: dagli autorespiratori per accedere ai locali invasi dal fumo o
allagati, alle bombole per il taglio ossiacetilenico, ai guanti, alle torce.
Il casco presentato è molto particolare perché era destinato
ad operare in tutto il mondo, a bordo della nave su cui era imbarcato il
Pompiere di marina che lo avrebbe dovuto indossare per svolgere la sua missione
di salvataggio. Le tecniche antincendio a bordo delle Unità Navali Militari
sono sostanzialmente differenti rispetto alle tecniche antincendio di terra,
tanto è vero che in caso di incendio di una Unità Navale della M.M.I. i Vigili
del Fuoco cosiddetti “terrestri” non sono autorizzati a salire a bordo, ma
possono fornire supporto esterno. A questo scopo tutto il personale imbarcato,
prima di entrare in servizio operativo, deve frequentare una formazione
antincendio al centro addestramento di Taranto, a due livelli di
approfondimento basico ed avanzato; qui alcuni svolgono anche il corso detto “antifalla” che insegna le tecniche di compartimentazione ed estrazione di emergenza dell'acqua imbarcata dai natanti in caso di incidente con apertura di varchi nello scafo.
In quest’ottica a bordo non ci sono addetti che svolgono unicamente servizio antincendio
perché la lotta antincendio è tradizionalmente in carico a tutti, dal
Comandante all'ultimo marinaio, in quanto tutti possono essere chiamati a far
parte della squadra antincendio. Questa è composta da 4 persone che operano in turni
di quindici minuti, tempo dato dall'autonomia dell'autorespiratore e dallo
stress che comporta il fare parte della squadra d'attacco al fuoco a bordo. Le
cosiddette “sezioni d’incendio”, quelle a cui è assegnata la prevenzione, la
manutenzione e l’attacco iniziale al fuoco sono squadre assortite composte di
marinai in possesso del corso avanzato appartenenti alle categorie “fuochisti”
e “torpedinieri minatori” che svolgono addestramento quotidiano alle operazioni
di salvataggio ed antincendio, stante l’importanza vitale della loro opera, a
cui subentra il resto dell’equipaggio se l’opera di spegnimento deve protrarsi
esponendo il personale ai rischi connessi al perdurare delle operazioni. A terra invece opera specifico personale, fino agli anni ’60
di componente civile e successivamente destinato dal Corpo equipaggi della
M.M.I., posto alle dipendenze del Direttore d’Arsenale o del Comandante locale;
detto personale è addetto, oltre alla manutenzione delle attrezzature di
spegnimento ad acqua e vapore presenti a bordo, alla prevenzione e vigilanza
antincendio delle strutture e dei locali ed alla rappresentanza alle cerimonie,
solennità e circostanze analoghe, sempre pronto ad intervenire in caso di
incendio a terra o sulle navi in costruzione negli arsenali. Svolge ronda di
sorveglianza in pattuglie miste in cui, ai Carabinieri addetti alla parte
militare, si affiancano quattro membri delle squadre antincendio in assetto
interventistico, perlustrando i comprensori e le imbarcazioni ormeggiate per
manutenzioni.
Negli anni ’60 la Mispa di Torino prese a produrre il mitico casco, rimasto in uso fino ai primi anni 2000. I primi lotti realizzati,
derivando direttamente dal casco Violini da cui vennero addirittura rilevate le
linee produttive una volta smessa la produzione di questa storica ditta
milanese, ricalcano pedestremente il loro successore. In collezione annovero
quindi un esemplare oltremodo raro e prezioso di elmo Mispa prima serie,
particolare perché presenta interno e soggolo in pelle applicati a colla al
guscio esterno in resina spalmata su tessuto ma, a differenza dei caschi
Violini prima e Pirelli a seguire, è privo dei due fori di aerazione laterali.
Le condizioni sono ottime e si presenta inutilizzato operativamente, e riporta
sul frontale il bel fregio rosso dei Pompieri della Marina, derivato
direttamente dal fregio da braccio di questo Corpo in uso negli anni ’30. Oggi,
dismesso questo glorioso nonnetto e dopo una parentesi di caschi Sicor Amber
nel colore rosso con medesimo fregio applicato sul frontale, il servizio
antincendi viene svolto con caschi Gallet F1 in rosso. In ultima posizione una
immagine di un Pompiere M.M.I. in servizio con il casco descritto.
2 commenti:
Bellissimo , complimenti
Bellissimo , complimenti
Ciao
Fabio
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